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È uscito lo scorso 6 ottobre il dodicesimo album in studio del cantautore americano Sufjan Stevens, Javelin, per Ashtmatic Kitty. Anticipato dal singolo So you are tired, il disco è stato annunciato come un lavoro incentrato sulla fine di un amore e sul percorso di rinascita che ne segue.

Stevens ha celebrato l’uscita dell’album con un post sui social e una breve nota, pubblicata sul suo sito Internet, in cui ha dedicato Javelin al suo compagno, Evans Richardson IV, scomparso lo scorso aprile.

 

Da Chiamami col tuo nome al successo mainstream

Nel corso degli anni, Stevens ha portato la lontananza fisica e spirituale dalle figure di riferimento nella sua vita dentro la musica in tantissime occasioni. Con Convocations (2021) ha affrontato la morte del patrigno Lowell Brams, con il quale aveva anche fondato l’etichetta Ashtmatic Kitty, mentre in Carrie & Lowell (2015) ha metabolizzato la scomparsa della madre. La fama, arrivata proprio con quest’ultimo lavoro e consolidata con la candidatura all’Oscar per Mystery of love, estratta dalla colonna sonora di Chiamami col tuo nome, ha spinto Stevens ad allontanarsi dai testi puliti e dalle melodie trasognate per dedicarsi a progetti complessi, sperimentali, che lo hanno tenuto lontano dalla ribalta per un lungo periodo.

Javelin, i retroscena dell’album

Il 2023, per Sufjan Stevens, è stato un anno estremamente complicato: prima la diagnosi di Sindrome di Guillain-Barré, che lo ha costretto a cure intensive e lunghe degenze in ospedale, poi la scomparsa del partner. Se la prima notizia è stata, però, vissuta mano nella mano con i suoi fan, la seconda è rimasta un segreto sino alla pubblicazione di Javelin. Immaginare Sufjan Stevens, che nei propri pezzi eviscera i sentimenti, il dolore, fino allo stremo, serbare un segreto tanto importante lascia un retrogusto dolceamaro. D’altro canto, con il coming out, l’artista ha dato una nuova chiave di lettura ad un lavoro che si racconta come un breakup album, ma assume così i contorni di un addio.

Javelin inizia dal finale: “ciao, Evergreen, sai che ti amo, ma tutto ciò che il paradiso mi ha mandato deve consumarsi alla fine“. Il leitmotiv è quello di un amore che ha lasciato un segno indelebile e che, sebbene privato del suo oggetto terreno, non cessa di esistere nella sua forma più pura. C’è spazio per respirare, dopo il dolore, e per ritrovare la serenità: nei primi baci di A running start oppure nella fede (Everything that rises), che è un tema ricorrente per l’artista. A chiudere la tracklist, anche una cover di There’s a world di Neil Young

Le dieci canzoni contenuto in Javelin celebrano il ritorno ad una scrittura più tipicamente cantautoriale, un passo che da tempo ci si aspettava da Sufjan Stevens. Nel post che annuncia l’uscita dell’album e i retroscena che ne hanno segnato la nascita, saluta e ringrazia i fan invitando ad amare nel modo più puro, intenso e sincero: “se vi capita di trovare quel tipo di amore, tenetelo vicino, tenetelo stretto, assapporatelo, tendete ad esso, e dategli tutto ciò che avete, soprattutto nei momenti di difficoltà.